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 Un prestigiatore al cospetto del Pontefice
La Stampa   Venerdì, 01 Febbraio 2002 00:00
 
Un prestigiatore al cospetto del Pontefice Il Mago Sales, alias don Silvio Mantelli, ha guidato la delegazione di 270 tra illusionisti e giocolieri che ha incontrato il Papa e gli ha donato una bacchetta magica Al papa, l'altra mattina, Mago Sales avrebbe voluto proporre una piccola magia, tanto per strappare un sorriso. Ma il severo cerimoniale vaticano ha opposto un «no» senza possibilità di replica. Così, Sales e il collega Fax, giunti all'udienza del mercoledì alla testa di un truppone di 270 illusionisti e giocolieri italiani in variopinta divisa «da lavoro», hanno dovuto cancellare l'idea di far comparire nelle loro mani, dal nulla, un fazzoletto. E di estrarlo poi dalla stola di Giovanni Paolo II. «Tra l'altro - diceva il mago ieri mattina, rientrato nel suo antro ipertecnologico - non avevamo potuto fare le prove...». Nell'aula Nervi, Mago Sales era in missione speciale: per portare al pontefice la richiesta di eleggere don Bosco patrono dei prestigiatori e degli artisti di strada ("carica" che il santo riveste da sempre in forma non ufficiale) e una bacchetta magica. Sales, per chi non lo conoscesse, è don Silvio Mantelli, prete salesiano che ha fatto coincidere la vocazione con una passione: quella di far sorridere la gente, e in particolare i bambini, con la magia. Giocosa, naturalmente, «La bacchetta magica che ho portato al papa - racconta - me l'aveva regalata un bimbo indiano affascinato dal mio spettacolo. Era il mio primo viaggio in India, nel '96, è stato allora che ho incontrato Madre Teresa, che poi mi ha fatto da "impresaria", trovandomi le missioni in cui andare a far sorridere i piccoli con le magie». Di illusionisti, spiega Sales, è pieno il mondo, perché in tutto il mondo c'è bisogno di buon umore. Don Bosco lo sapeva e anche lui spesso si cimentava in giochi di destrezza. «Il nonno di quel bambino indiano era stato un prestigiatore. "Ci tengo tanto a questa bacchetta, ma voglio darla a te", mi disse. Io l'ho conservata gelosamente. Poi è arrivata questa occasione, ho pensato che con il papa avrebbe continuato a fare magie al mondo: la pace e la serenità di cui c'è tanto bisogno». Giovanni Paolo II alla vista della bacchetta intarsiata ha sorriso. Per don Silvio, nato nelle Langhe (a Novello) e giunto a Torino da piccolissimo con il padre bancario e la madre impiegata alle Poste, la vocazione è arrivata a 19 anni. «Da allora il pubblico, negli oratori e nei collegi, non mi è mai mancato». Alla magia era approdato prima, grazie a un amico di famiglia, un tassista, abilissimo nei giochi di prestigio e nel barare a carte. «Da ragazzino ero affascinato da tutto ciò che era fantasia, evasione al dovere: Salgari e Verne erano i miei preferiti. La scuola - ammette - l'ho sempre subita. Fino ai 17 ho collezionato bocciature, poi in due anni ho fatto tutto». Mago Sales ha al suo attivo migliaia di spettacoli. «Ogni volta c'è almeno un bambino che si diverte: io». Con la sua arte diverte i piccoli italiani, ma soprattutto i più poveri della terr. Un giorno, poi, ha capito di poterli anche nutrire, curare, mandare a scuola. «Per questo è nata la Fondazione Mago Sales. L'obiettivo è creare solidarietà attraverso la magia: con il ricavato dagli spettacoli, contribuiamo a realizzare progetti dove c'è una necessità urgente, sullo stile di "Emergency". Il nostro slogan è "Fai una magia, salva una vita"». Alla Fondazione, attraverso il progetto "Magiciens sans frontières", hanno aderito già 400 maghi italiani. Brachetti in autunno ha dedicato un suo spettacolo a Parigi (82 milioni) per un ospedale in Kenya. Domani, la Fondazione è al Nuovo Teatro Valdocco di piazza Sassari: alle 16, asta di quadri (ingresso libero) seguita da performance di giocolieri nel cortile; alle 21, gran gala di magia con Sergio Brasca, Borsalino, Martin, Fax, Sales, Serip e altri (prenotazioni allo 011.2481101). «Questa volta l'obiettivo è sostenere la casa salesiana per i bambini profughi afghani e pakistani di Quetta in Pakistan», spiega il mago, mostrando fotografie scattate in Vietnam, India, Brasile, Uganda. Mostra anche un plico di pagelle. «Abbiamo mille adozioni a distanza», dice. Sorride: «Però, questo bambino dovrebbe studiare di più: in swahili è insufficiente...». Il «castello» del Mago Sales? A dire la verità non somiglia per nulla a quello di Harry Potter, ma l'atmosfera è simile. C'è un lungo corridoio-museo pieno di cilindri, giochi di carte, occhi di vetro, mani di gomma, manichini che levitano su un manico di scopa, scatole misteriose: ferri del mestiere in uso e di «modernariato». Una stanza è l'emporio della magia, dove gli illusionisti vengono a rifornirsi (il catalogo è anche in www.sales.it). Il teatrino è la Schola per maghi. Non è ricco come Hogwarth, ma gli studenti (tra loro ci sono i celebri VIP, che fan tornare il sorriso ai malati negli ospedali) anche qui hanno la divisa. Cappelli a scacchi, giacche con le code. Non hanno la scopa, viaggiano in tram. Per tutti i maghi buoni, una volta al mese, nel teatrino Mago Sales celebra una messa. Ha un abito speciale, bianco con un maghetto disegnato sulla schiena. Don Bosco, dal quadro, sorride.

Un prestigiatore al cospetto del Pontefice

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