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 Il trucco della bontà
Famiglia Cristiana   Venerdì, 01 Agosto 1997 00:00
 
La telefonata lo svegliò di soprassalto, nel cuore della notte: «Ci è giunta una nuova segnalazione. Dobbiamo partire subito. Se vuoi puoi venire con noi». Don Silvio Mantelli rispose sì. Un'ora dopo, un fuoristrada correva veloce lungo le vie deserte di Karachi, puntando a nord, nord-est verso Hyde-rabad, nella regione pakistana dei Sind. A bordo si stringevano assonnati un prete e dei volontari del Nucleo assistenza adozione e affido, un organismo che ha sede a San Carlo Canavese, in provincia di Torino. «Arrivammo a destinazione a giorno fatto», ricorda don Silvio. «Trattammo prezzo e condizioni dentro un capanno di latta, soffocati dal caldo e da una puzza insopportabile». Una famiglia di contadini, stremata dalla fame e dai debiti, non poteva sottrarsi a un iniquo ricatto. Era d'etnia Bagri, non musulmana: in un Paese islamico come il Pakistan, di un pugno di persone di serie B. La siccità aveva loro tolto il raccolto. Senza i soldi per pagare sementi e attrezzi, s'era sentita dire: vendeteci un figlio; lui finirà schiavo in un Paese arabo, voi avrete estinto il debito. «Consegnammo tremila dollari al padrone del terreno, riscattando in tal modo Kalim, un bambino di cinque anni», prosegue don Silvio. Era il 4 marzo di quest'anno. «Ora Kalim vive al sicuro in un istituto di Karachi gestito dalle focolarine. Per il momento è lontano dall'affetto dei genitori e dei fratelli, certo. Ma almeno è libero. Libero di crescere, di studiare e di tornare un giorno dai suoi». Rientrato in Italia, don Silvio decise di non rimanere con le mani in mano. «Insieme ad alcuni amici pago le rette di Kalim e mi sto dando da fare per aiutare i tanti altri Kalim sparsi per il mondo. Attraverso Internet ho appreso, ad esempio, che anche in Africa accadono episodi simili. I mercanti di schiavi comprano bambini e adolescenti nei sobborghi poveri di Khartum per rivenderli a facoltosi signori del Sudan o dei Paesi del Golfo; oppure per cederli alle fazioni sudanesi in lotta tra loro che, dicono, li usano perfino per "ripulire" i campi minati. Voglio riscattare il maggior numero possibile di questi piccoli schiavi». Una "magia" in più, la più impegnativa, la più commovente, per il mago Sales.Già, perché don Silvio Mantelli ha un nome d'arte e svolge un'attività originale per un sacerdote. E un prestigiatore, uno dei 10-15 illusionisti professionisti che ci sono in Italia. È insomma un Silvan, un Alexander, un Binarelli in clergyman. Don Silvio Mantelli è il mago Sales, appunto: un solerte e geniale missionario del sorriso. Silvio nasce 53 anni fa in Piemonte, a Novello, nelle Langhe di Beppe Fenoglio e di Cesare Pavese. Nel 1946 si trasferisce a Torino. Suo padre, Aldo, lavorava presso l'esattoria comunale; la mamma, Maria, era impiegata contabile. «Imparai presto i primi trucchi. Me li insegnò un amico di famiglia, un taxi sta, che girava i bar, abile, abilissimo con le carte. Fin troppo abile: era un incallito baro...». Beh, don Silvio, ammetterà che non fu un gran bell'esordio, per uno destinato a diventare prete... «Alt. Io ero un ragazzino di 14-15 anni. E poi la menzogna non mi andava giù neppure allora, per cui lasciai perdere il tutto per qualche tempo». Silvio frequenta il liceo classico Valsalice, dai salesiani. Il tempo libero lo spende all'oratorio. La vocazione lo coglie alla vigilia dei vent'anni. «Volevo diventare prete e missionario, possibilmente dopo essermi laureato in Medicina. I miei non sollevarono obiezioni circa la prima decisione, ma osteggiarono fermamente la seconda». Risultato: nel 1963 Silvio Mantelli entra in noviziato, nel 1964 è salesiano, nel 1973 è ordinato sacerdote. Quanto agli studi, consegue due lauree, in Teologia e in Pedagogia. «Ce ne sarebbe una terza, non riconosciuta: quella in Magia», scherza don Silvio. Mantelli riprende a coltivare la sua passione in seminario. Entra in contatto con il circolo torinese Amici della magia, sale per la prima volta su un palco («Fu un fiasco»), s'impegna provando e riprovando di nascosto («I superiori all'inizio non vedevano di buon'occhio questo mio hobby, temevano pericolosi legami con il mondo dell'occulto»). Finalmente Silvio diventa per tutti "anche" il mago Sales. Di più. Scrive libri, collabora a riviste, meritandosi un posto nel Club magico italiano e l'amicizia di prestigiatori illustri come Silvan e Alexander. «Se è per questo sono stato anche il primo maestro di Arturo Brachetti, il famoso trasformista italiano. Sì, sono un po' il "cappellano" di questo drappello di illusionisti giramondo», dice scherzando il mago Sales. Che si fa serio in un attimo: «Sono loro, spesso, che affrontano con me argomenti delicati, anche di fede». Da anni, ogni fine settimana o quasi, don Silvio accantona i panni del professore di Lettere (insegna in una scuola media salesiana di Torino) e indossa uno dei tanti vestiti di scena (ne ha un centinaio) che custodisce in una cantina trasformata in ufficio, zeppa di volumi sulla magia, videocassette, maschere, attrezzi vari, computer. Fa 200-250 spettacoli all'anno puntando soprattutto su due pezzi forti: il "Teatro magico" (tutto incentrato sulla fantasia e sulla fiaba) e il "Giro del mondo in 80 minuti". È un po' giullare, un po' mimo, un po' prestigiatore. I suoi personaggi più "gettonati"? Il Mago Merluzzo e il domatore di leoni, il clown Sbrendola e il fattucchiere arabo Da-lì-a-là. «Ma rimango sempre e comunque un prete. La magia è realtà fantastica, è amabile imbroglio: lo si sa fin dall'inizio. Per me la magia è un mezzo. Io voglio divertire il prossimo, non turlupinarlo. Preparo gli spettacoli con finalità pedagogiche. Anche attraverso i miei trucchi posso comunicare valori umani come l'allegria, la semplicità, il gusto di stare insieme. Svolgo un'attività, come potrei dire, di pre-catechismo, anche se talvolta tra musiche, colori, risate e battimani arriviamo a parlar di Dio. D'altronde il Dio in cui credo e che cerco di testimoniare è il Dio della gioia, il Dio che sanando il cuore dell'uomo lacerato dal peccato dona la vera pace, la vera serenità. Rallegratevi nel Signore, esortava san Paolo. Noi facciamo consistere la santità nello stare allegri, affermava don Bosco, buon clown e buon prestigiatore, oltreché grande santo». Don Silvio calca con particolare gusto le scene più fuori mano, in provincia. O all'estero. «Di solito scelgo le parrocchie e le scuole, soprattutto materne. Nel 1993 mi sono però esibito in un lebbrosario, a Sao Juliao, in Brasile. Nel maggio 1996, a Calcutta, in India, ho fatto sorridere Madre Teresa. Prima, avevo fatto tappa anche in un monastero buddhista a Phnom Penh, in Cambogia». Tutti i soldi che raccoglie don Silvio li devolve alle missioni, in particolare alla cura dei bambini più bisognosi. Questa sensibilità s'è ulteriormente affinata con il viaggio in Pakistan del marzo scorso. Ora opera l'Associazione Mago Sales che ha sede a Torino, in via Paisiello 44 (telefono 011/24.81.101). Per aggiornare, in tempo reale, appassionati e sostenitori sulle attività e le opere di solidarietà del mago è stato di recente aperto anche un sito Internet: http://www.sales.it. Don Silvio rinnova la scommessa di sempre: coniugare buon cuore e mistero. Così sia, dunque. Sim Sala Bim. «No. Permetta: Sim Sales Bim», corregge lui. Sorridendo.

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