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 Siamo i Giullari di Dio
Bella   Martedì, 10 Marzo 1998 00:00
 
TESTIMONIANZE Un clown, un musicista rock, un rapper ballerino, un prestigiatore... Che cos'hanno in comune? Sono preti "alternativi" che riescono a coniugare fede e temperamento artistico. Per voi, quattro storie fra il palco e l'altare... di Elisa Messina Che cos'hanno in comune un cantante, un ballerino, un clown e un prestigiatore? Fanno spettacolo, praticano palcoscenici piccoli e grandi, raccolgono applausi, suscitano emozioni. Ma se sotto il costume di scena ci fosse un uomo consacrato a Dio? Forse anni fa qualcuno si sarebbe scandalizzato. Eppure anche san Francesco non esitava a cantare e ballare. «Sono il giullare di Dio», diceva agli amici. I giullari moderni possono usare luci psichedeliche, cantare il rap, andare in tv, ma il messaggio resta lo stesso. Abbiamo scoperto quattro artisti in abito talare (ma siamo sicuri che ce ne sono altri) e vi proponiamo le loro storie... La doppia vita di Luciano-Pompelmo  Perché il pagliaccio? Mi pare di avere il fisico più adatto per fare il clown, che il trapezista, no?" dice Don Luciano alludendo alle sue rotondità e accennando un sorrisetto. E subito l'aria seria dell'ufficio parrocchiale di Sant'Agostino, a Livorno, si smorza un po'. Sì, questo prete in grigio e il colorato Pompelmo che inciampa negli ombrelli sono la stessa persona. Eppure... "Ti stupisci, eh? Siamo tutti schiavi dei ruoli e delle apparenze: dal prete ci si aspetta che sia in un certo modo, che dica certe cose... Ma Dio passa dove vuole e come vuole! Anche sotto il tendone di un circo. Anzi, lì, in particolare!". Girovagando, ma in linea con il Vangelo Il circo mi attraeva già da bambino: la gente, quel mondo, quel viavai. Le carovane si fermavano in un piazzale e io restavo a guardare quelli che montavano e smontavano i tendoni. Ero un seminarista quando il mio parroco mi chiese di accompagnarlo a dire messa sotto il tendone del famoso Medrano: fu il primo incontro ravvicinato. Lì conobbi un prete straordinario: don Franco Baroni, il cappellano nazionale del circo». Nell'81 don Luciano fu trasferito nella parrocchia di Rosignano, a sud di Livorno. Anche da quelle parti passavano, ogni tanto, circhi piccoli, a conduzione familiare. «Erano proprio quelli che mi affascinavano di più. E con don Franco, appena potevo, mi mettevo in viaggio per celebrare battesimi e matrimoni presso le compagnie in giro per l'Italia. Abbiamo imparato tanto: la vita nomade e un po' provvisoria è più vicina al Vangelo di quella di noi cittadini!». L'occasione di calcare la pista si presentò una decina di anni fa, a Rosignano, in un circo con pochi mezzi: «La prima esibizione da pagliaccio fu l'estrazione di un dente! Da allora mi sono perfezionato. Intendiamoci, quando sono lì mi rendo utile un po' su tutto. Certo, vestire i panni del pagliaccio mi piace. Sono specializzato nei giochetti con gli ombrelli: piccoli, grandi, colorati. L'idea mi è venuta guardando tutti quelli che la gente dimenticava in chiesa dopo la messa!». Appena può, don Luciano si ritaglia qualche giorno per raggiungere qualche piccola compagnia e aiutarla con i numeri di Pompelmo: «Il nome me l'hanno dato in scena: eravamo in due, l'altro si chiamava Banana ed era magro. Dovendo presentarci hanno detto: "Ecco a voi: Banana e... Pompelmo!"». E nella sua parrocchia? «Potrà sembrare strano, ma preferisco non mescolare spettacoli e parrocchia. Il bello del circo è poter condividere la sua vita, lì, con la sua gente. Parlate di più del circo, per favore!». Frate Cesare: rockettaro da strada  Volete parlare con "frate rock"? Facile! E' la persona più disponibile del mondo. Per l'incontro richiede allenamento: bisogna inseguirlo in giro per le città (soprattutto la sua, Bergamo) tra convento, sala d'incisione, chiesa, tv locale... Attenzione: potreste ritrovarvi nelle situazioni più imprevedibili.Per esermpio, nella sala dell'emittente radiofonica diocesana, con una cuffia alle orecchie mentre parla in diretta e magari vi coinvolge nella trasmissione! "Cari ascoltatori, c'è qui con noi una persona amica...". E' un ciclone travestito da cappuccino, fra' Cesare Bonizzi, che ha 51 anni, l'aspetto rotondo e pacifico del buon frate e una voce da far invidia ai concorrenti di Sanremo. "Sanremo? Sì, mi hanno invitato varie volte. Ma non m'interessa: la casa discografica mi farebbe cambiare tutti gli arrangiamenti, e non mi va" dice. Le sue canzoni spaziano dal genere melodico al "metallico" vero e proprio, dal rap alla ballata. Sono a tema religioso, ma non solo. "Si possono lanciare messaggi buoni e positivi anche parlando da laici. Senti questa... è un rock duro contro la droga, questa invece è sugli animali, l'ultima è la canzone un po' malinconica di un lombrico che si sente inutile...". "Niente playback: non ho paura di stonare" A sentirlo cantare, pare che nella vita non abbia fatto altro. Invece l'avventura è iniziata una decina d'anni fa, quando padre Cesare faceva l'assistente spirituale dei tranvieri: «Volevo inventare qualcosa che parlasse dritto al cuore: trovai una cassetta con canzoni bellissime e, insieme con alcuni ragazzi, le eseguii». Oggi, quella di cantautore è la vera missione di padre Cesare, approvata e incoraggiata dai suoi superiori. Anche se lui continua a vivere con lo stile di sempre: si alza presto, dice la messa, visita gli ammalati... «Poi, nei ritagli di tempo, penso ai testi delle canzoni a cui il mio amico Cesare Ragazzoni troverà la melodia. I musicisti che lavorano con noi sono tutti di altissimo livello. Mica scherziamo!». Tutto è rigorosamente in diretta, niente playback, sia negli spettacoli, sia alla radio: «Non ho una carriera da difendere, io. Anche se c'è qualche piccola stecca, il mio pubblico mi apprezza lo stesso!», dice. E la sua risata riempie la stanza. Il padre rap e le sante piroette  "Divertiti di più, ma fallo con Gesù!". Sul palco (o sull'altare, a seconda dei casi) c'è un giovane scatenato, in tonaca nera, che si muove con l'agilità di un primo ballerino, grida uno slogan a ritmo di rap e coinvolge i1 pubblico con mille movimenti. E' proprio bravo Maurizio, o meglio: Maurizio De Sanctis, 31 anni, padre passionista, sacerdote-ballerino, votato a Dio e ai giovani, che ama Ciaikovskij, Vasco Rossi, i Litfiba e Jovanotti. Le apparizioni in tv, al "Maurizio Costanzo Show" e nello spettacolo di Fiorello, l'hanno fatto diventare un personaggio, con tanto di soprannome: "padre nike", ma lui preferisce quello che gli hanno dato i suoi ragazzi: "padre schizzo". Vive nel santuario di san Gabriele, ai piedi del Gran Sasso, si occupa della pastorale giovanile e, tra un impegno e l'altro, inventa la sua "evangelizzazione spettacolo": "Il rap è perfetto: piace ai giovani, dà carica, è la musica dell'impegno, i testi sono slogan da ripetere tutti insieme, proprio come le preghiere. E poi c'è la danza! La mia passione: ti fa dire mille parole con un gesto. Meglio di una predica!". "Chi non salta è un peccatore" Pare di vederlo, «padre rap» - come lo ribattezzeremmo noi - mentre «schizza» leggero da una parte all'altra e grida: «Chi non salta è un peccatore». E sì che Maurizio aveva pensato di appendere le scarpette al chiodo per sempre! «Quando decisi di farmi frate avevo 19 anni e una carriera di ballerino classico davanti», racconta. «Ma la voce di Dio è stata più forte! E ho mollato tutto. Senza rimpianti. Poi, seguendo i giovani, mi sono accorto che loro chiedevano gioia, entusiasmo. La danza, la musica, erano strumenti per coinvolgere gli altri e per parlare con Dio». Schizza via Maurizio: i suoi musicisti, tre ragazzi metallari, lo aspettano per le prove: c'è una scadenza importante, lo spettacolo di Ferrara il 5 aprile, a cui parteciperanno anche Ligabue e i Litfiba. E poi c'è il lavoro al santuario, le interviste che scrive per L'eco di san Gabriele. A chi? A Jovanotti, Forello... «Sono un prete moderno, che credi?». L'incantesimo del mago Sales "Sai qual è il bravo mago? Quello che, per primo, esprime meraviglia per la sua magia. Poi ci sono i trucchi che non posso dire, perché noi prestigiatori siamo gelosi del nostro mestiere!". Il mago Sales, nome d'arte di don Silvio Mantelli è un vero professionista: stimato dai colleghi, adorato dai bambini, ricercato da scuole, parrocchie e missioni negli angoli più lontani del Terzo Mondo. I suoi spettacoli sono fatti di apparizioni e sparizioni, da cose che si trasformano e si moltiplicano. I piccoli spettatori pendono dalle sue labbra, dalle sue mani che si muovono veloci. E lui, presentandosi ogni volta con un costume diverso - ora mago Merlino, ora fantasma, ora pirata - affascina, diverte, stupisce. Ma dietro i costumi di scena c'è la veste consacrata dei padri salesiani, l'ordine di don Bosco. "Un amico di famiglia mi ha insegnato i primi giochetti con le carte quando ero ragazzino. O, meglio, m'insegnò a manipolarle per barare! Ho riscoperto quei trucchi dopo, da prete impegnato con i bambini". Paolino il brasiliano, spettatore esigente Ma, diamine, come si fa a evangelizzare con la magia? «Mi diverto, comunico la mia allegria ai bambini. Non basta?», dice don Silvio, il mago, con un grande sorriso. Ma c'è anche un'altra storia: «Un giorno, in Brasile, dopo uno spettacolo per i bambini di una missione, si avvicinò un piccoletto di sette anni, Paolino: «Tu che sei un mago, perché non mi fai guarire?». Aveva la lebbra. «Di fronte a una richiesta così semplice e disarmante, la mia bravura di prestigiatore si sgonfiò. A che servivano le palline colorate, i fiori di carta e tutto il resto? Da allora decisi di dare uno scopo a tutti i miei spettacoli: devono contribuire a risolvere un problema. Con i soldi raccolti per il Brasile, Paolino ed altri bambini sono stati curati. Una piccola magia!». ANCHE LE SUORE CANTANO Suor Paola è ormai una star: la conoscono tutti per le sue apparizioni da tifosa della Lazio a Quelli che il calcio, la trasmissione della domenica condotta da Fabio Fazio. Ma non è la sola religiosa a uscire... dal seminato con attività giocose che, fino a poco tempo fa, non si sposavano con la sacra veste. Le 26 clarisse di Albano Laziale (Roma), per esempio, hanno inciso per le Edizioni Paoline una cassetta di canti dedicati a Maria. Cassetta che va a ruba in Italia e all'estero. Promotrici dell'iniziativa sono state soprattutto le sorelle più giovani, consapevoli del potere aggregante della musica. Non è un'operazione commerciale, tengono a specificare le religiose: è solo la realizzazione di un canto d'amore, canto che da sempre, e in tutte le religioni, è una componente fondamentale della preghiera

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