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 I preti come nessun0-Tv li ha visti
Il Manifesto   Venerdì, 11 Novembre 2005 00:00
 
Gia se ne vedono troppi, spalmati in ogni angolo del palinsesto,pronti a sermoneggiare su tutto. Incontrarli, invece, uomini con passioni bizzarre, fa di Preti (NessunoTv, venerdì alle 21) un'occasione di riconciliazione con la categoria. C'è il prete altoatesino che per curare lo stress professionale si sottopone a massaggi («sento su di me gli affanni dei fedeli che partecipano alla messa»). C'è quello che «se la fede cristiana fosse solo quella del Gesù crocifisso sarei il primo ateo». C'è il missionario saveriano che fa pratica zen «affinché l'autentico che è in noi possa manifestarsi». C'è il «mago per passione e prete per vocazione». Naturalmente sono una categoria di sorvegliati speciali, anche se proprio questa fede così poco ortodossa ne fa l'espressione carismatica della chiesa. Nella prima puntata (Preti è una serie firmata da Maria Amata Calò e Carmela Rodati) il protagonista è don Silvio Mantelli, il mago. Si fa intervistare con la giacca e il cappello luccicante del prestigiatore, seduto sulla poltrona rossa di un teatro. Immagine luminosa, come il suo modo di raccontare l'avventura di una vita-contro. Contro i superiori che lo hanno cacciato dalle parrocchie perché, in un, modo o nell'altro, finiva per turbare l'ordine costituito Si può immaginare lo scompiglio quando si chiudeva per ore al bagno dando adito ai sospetti di lussuria carnale, mentre lui aveva solo bisogno di un posto tranquillo dove provare i numeri di magia. E se non lo facevano andare in bagno, provava sotto le coperte del letto, altro luogo proibito. Così fu grande la meraviglia quando, scoperchiate le lenzuola, trovarono palline colorate. Ottenere il permesso di andare a fare spettacoli la sera era impossibile, bisognava camuffare l'uscita, mettere in un sacco le armi del mestiere e fingere di andare a buttare la spazzatura. Poi la crisi, l'abbandono della congregazione, la storia con una ragazza che improvvisamente muore, quindi il ritorno nella chiesa, come in una seconda vocazione. Mentre don Silvio racconta e dice la sua («la chiesa insiste troppo sulla castità e lascia da parte la giustizia, la coscienza il silenzio di tante persone»), sullo schermo compaiono luoghi e protagonisti del suo secondo lavoro: facce incantate di bambini di tutti i colori, perché don Silvio è uno di quelli impegnati a alleviare le sofferenze dei bambini del Mato Grosso, colpiti dalla lebbra. «La vocazione è un'intuizione, non una certezza», ed è con questa intuizione che i suoi giochi incontrano Maria Teresa di Calcutta, è con la magia che un artista dell'illusionismo, Arturo Brachetti, impara da don Silvio i rudimenti del mestiere. Se capitate in una chiesa dove ad un certo punto da dietro l'altare spuntano signori vestiti di strass, pieni di conigli nel cappello, ora sapete chi è il regista. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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