La magia di Carlo Siffredi non assomiglia proprio a quella di Harry Potter, che da ieri fa sognare i bambini nelle sale cinematografiche. Niente mantello dell'invisibilità, niente scope che volano, solo monete che scompaiono in un Iampo dentro la mano, foulard che si legano insieme, orologi sfasciati che ritornano intatti. Per magia. l trucchi del mestiere li ha imparati a Torino, in un oratorio alla Barriera di Milano, dove è approdato dodici mesi fa quando aveva la stessa età di Harry Potter, 11 anni. La scuola è di don Silvio, salesiano e prestigiatore, un prete con la passione per l'illusione: organizza spettacoli di beneficenza e questa non è una magia. Prima di incontrare il suo maestro, Carlo sapeva già di avere dentro qualcosa di speciale. Estate 1998, vacanza in un paesino sperduto tra le valli di Lanzo: la noia lo ha trasformato in un bravissimo giocoliere. Si allenava solo con due palline, però: dopo le lezioni, se la cava bene anche con quattro.Gli piace il circo, soprattutto i clown: mentre annuncia «da grande farò il mago», si gira un naso rosso tra le dita (senza farlo sparire). E se il più famoso collega Harry con la professoressa Minerva studia «trasfigurazione», come tramutare un bimbo antipatico in una rana, Carlo ama il trasformismo,scienza del cambiarsi d'abitoin meno di tre secondi. Tanto che un giorno è partito da Rivoli per andare fino a Parigi e vedere lo spettacolo di Arturo Brachetti, maestro del genere.Ha mangiato con lui, l'ha guardato truccarsi nel camerino. La tradizionale bacchetta che tutto trasforma, lui non ce l'ha. Meglio la polverina magica, che non e affatto un intruglio strano, ma un gesto. L'apprendista stregone infila una mano in tasca, finge di spargere una pozione che è fantasia. Non si vede niente, ma dentro la mano ci sono molti sogni. Silvia Truzzi