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 E dire che Arturo era un bimbo solitario
La Stampa   Domenica, 18 Marzo 2007 00:00
 
Arturo Brachetti all'età di 14 anni incontra don Silvio Mantelli, quello che poi diventò il Mago Sales, e che è stato il vero artefice dell'inizio della sua carriera artistica. Che tipo di bambino era Arturo Brachetti? «Cominciò a frequentare la parrocchia poco prima di iniziare il seminariato per diventare prete, dopo le medie dai salesiani frequentate a Lanzo. Era un ragazzino che non amava i giochi di gruppo, le partite a pallone, preferiva starsene da solo. E io, allora chierico, lo capivo bene, perchè, come me, Arturo non conquistava con la socialità, bensì con il suo perdersi nel mondo della fantasia. E' l'anima di chi fa spettacolo» E lei come lo aiutò? «Un giorno vide i miei giochi di magia: per lui furono un'illuminazione. Non si era mai cimentato, eppure si appassionò immediatamente. Usava i miei trucchi, lo trovavo dentro alle casse fra le spade, le corde. Figurarsi, mingherlino com'era riusciva a nascondersi ovunque. E poi leggeva tutti i miei libri di magia». Avete fatto spettacoli insieme? «Per più di un anno è stato il mio assistente durante gli spettacoli in giro per le parrocchie, a Torino e in provincia». Ma ancora non aveva intrapreso la via del trasformismo? «L'idea prese forma quando io gli regalai l'autobiografia di Fregoli: quello fu il momento in cui capì cosa voleva fare nella vita. Tanto che io gli dissi che l'importante è averne una di vocazione, e che la sua era di meravigliare».

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