LA GRAZIA DELLA COMUNITÀ
Luglio 2010
Prete giorno per giorno
La grazia della comunità
di Angelo Busetto
I bimbi crescono assai prima che i capelli delle mamme imbianchino. Mentre vanno incontro alla vita, si allarga l'ambito delle persone che li accompagnano. «La domenica mattina il più grande dei tre, quando sente suonare la campana della messa, dice: "Mamma, vado". Esce per primo; deve servire messa perché è chierichetto; noi mamma e papà con i due altri fratellini lo seguiremo subito dopo». Uscendo di casa il bambino non è solo; incontra gli amichetti, la comunità, i sacerdoti. Racconta la mamma: «Prima ero io che li portavo e li accompagnavo. Adesso non sono più sola e neanche lui è solo. Facciamo parte della comunità con tutta la famiglia. Lui comincia a prendere le sue decisioni. È andato alla giornata dei chierichetti ed è tornato tutto contento. Gli amichetti ora sono protesi non solo verso la prima comunione, ma anche verso l'ordinazione sacerdotale del diacono che è venuto in parrocchia quest'anno. Tocchiamo con mano la loro gioia di vedersi insieme e di scoprire altre persone».
Nella solitudine spesso drammatica in cui le famiglie vivono, lo spazio della comunità è un respiro. Già il fatto che la famiglia non abbia un unico figlio è un'apertura: i fratellini più grandi sanno aspettare che la mamma imbocchi dapprima il terzo arrivato. Ed è anche più facile ospitare amici in casa, senza lasciarsi ricattare dalla mania dell'ordine in tutte le stanze. Non solo per i bambini, ma anche per gli adulti il punto di passaggio e di salvezza è questa apertura della persona e della famiglia alla comunità. Avvenimenti, occasioni di incontro, uscite comuni, gioie e dolori vengono partecipati insieme. La festa nostra è la festa di tutti, e la festa di tutti diventa nostra. La comunità ci segna con i fatti della sua storia. Il calendario appeso in cucina non registra soltanto le scadenze delle visite mediche e delle vaccinazioni o gli appuntamenti con gli insegnanti, ma segna anche le occasioni di incontro e le feste della parrocchia. La frequentazione assidua in un gruppo di catechismo o tra alcune famiglie fa nascere una nuova familiarità e rompe lo schema dei rapporti prefissati e forse soffocanti.
Basta una serata di pizza tra un gruppo di famiglie per sciogliere gli impacci e rivelare il volto fresco e vero delle persone e persino del prete, riscoperto nei tratti più autentici della sua personalità. Si sperimenta la fede come fatto umano, come legame personale, e non più solo come occasionale scadenza liturgica, o come un bell'artificio che allieta per un breve tratto la vita di bambini e genitori. Si intessono amicizie che inseriscono tutta la famiglia nell'intreccio della comunità. Qualche persona si desta a nuove possibilità espressive, o forse scoppiano talenti nascosti e si svelano personalità che camminavano sotto traccia. «Si diventa protagonisti non perché ci si mette su un palco; è un girotondo nel quale ci si prende per mano». Uno accanto all'altro, uno dietro l'altro. A poco a poco, è il cuore che cambia, è il sentimento di sé. Ci si percepisce parte di una storia, protagonisti di un avvenimento più grande che ci precede e accompagna e nello stesso tempo ci supera. Si sperimenta di non essere noi il centro del mondo e nasce una nuova misura della vita, una considerazione più umile e pacata di se stessi e degli altri. Spuntano sorprese. Un bambino, guidato a gustare la mostra di Caravaggio, domanda di diventare chierichetto; un giovane che non girava nello studio e non si confessava da anni, riprende a vivere e a studiare.
Tutto questo non accade in una comunità perfetta. Siamo soltanto uomini e donne, ragazzi e giovani. Portiamo il peso dei nostri limiti e il condizionamento di tutto quello che ci circonda. Ma riconosciamo un'origine e ospitiamo una presenza. Come dice il canto: «Mi prendi per la mano, o mio Gesù...» e via di seguito senza confini; tutt'intorno e più in alto, la vita è irrorata da una grazia sovrabbondante. Sotto gli occhi abbiamo l'immagine di papa Benedetto nel giorno dell'Ascensione, in una piazza San Pietro gremita di tante persone arrivate a Roma da tutta Italia per riconoscerlo e acclamarlo come padre. «Cari fratelli e sorelle», ha detto il Papa, «il Signore, aprendoci la via del Cielo, ci fa pregustare già su questa terra la vita divina». Un autore russo del Novecento, nel suo testamento spirituale, scriveva: «Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso nell'animo, guardate le stelle o l'azzurro del cielo. Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno... intrattenetevi... col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete».