Capitolo II
CAPITOLO SECONDO
… POI VENNE IL PRETE
1963. La vita è mistero e noi ne conosciamo solo una parte; è come la punta di iceberg, come un trucco di magia ben fatto, meglio come un puzzle che si compone strada facendo e in questo gioco di tessere ora ne siamo attori, ma più sovente ne siamo spettatori. All'inizio della vita ci vengono regalate solo alcune tessere che possiamo mettere dove vogliamo. Altre ci piovono dal cielo e non ci chiedono certo il permesso di sistemarsi qua o là. Altre infine fluttuano a mezz'aria e tocca a noi prenderle o lasciarle lì . Una volta afferrate, però, dettano le regole del gioco. Fuori dalla metafora, queste ultime tessere rappresentano la Vocazione per cui ognuno di noi è chiamato a vivere nel mondo.
La mia Vocazione si presentò in una notte di maggio, in sogno, quando avevo 19 anni e pretese di cambiare la mia vita. Venne in alta uniforme, con tutte le credenziali a posto e mi disse: "Sveglia, dormiglione… andiamo a conoscere e ad amare il mondo. La vita e una sola… rischiala con me".
In seguito identificai la mia "Vocazione" con la figura del medico condotto del mio paese, dottor Dagnino, che, morta la moglie, si fece missionario della Consolata e andò in Africa a fare il prete e il medico… in pratica a salvare la propria vita, facendo del bene al prossimo.
Quel gioco d'azzardo mi piacque.
In fondo che avevo da perdere? Nulla.
Cosa potevo guadagnare: Tutto!
E poi ero e ne sono convinto tutt'ora che la Vocazione viene da Dio. Capii che dovevo essere Missionario e prete. Detto e fatto. Scrissi un breve lettera ai miei genitori, per avvisarli che era arrivato il "Padrone di Casa" per riscuotere "l'Affitto del loro figlio" e dopo averla lasciata sotto la tazza di caffelatte appena assaggiato, scappai dicasa per la seconda volta. Ero contento e mi sentivo rinascere, ma non sapevo dove andare… perciò scelsi la direzione più usuale che si deve prendere in questi casi: entrai in una chiesa e mi misi in ascolto, recitando assurde preghiere.
Del resto tutto mi appariva illogico e logico nello stesso tempo… L'istante diventava eternità, una goccia era un oceano e io mi perdevo in quella stupenda immensità. Non so quando durò quella sensazione e situazione.
Quando uscii dalla chiesa era sera avanzata e entrai nella stazione. Mi piaceva vedere i treni partire e arrivare… e li incontrai mio padre. Anche lui sapeva del mio posto segreto. Insieme a lui c'era don Brossa, il mio insegnante nelle medie di via Luserna a Torino… Salesiano e… così fui Salesiano.
15 agosto 1963. Commemorazione della nascita di san Giovanni Bosco. Entro in Noviziato dai Salesiani a Monte Oliveto, presso Pinerolo. Resterò un anno esatto. Quello che mi rallegrava maggiormente era il sapere che non si doveva andare a scuola… tanto meno si era interrogati. E poi aleggiava quel senso di familiarità e di sana allegria che contraddistingue sempre ogni casa salesiana. A tali soddisfazioni facevano da contrapartita alcuni doveri tipicamente salesiani: il gioco collettivo alla palla durante la ricreazione (il divertimento consisteva nel correre da un angolo all'altro del cortile e non farsi colpire da un palla da tennis lanciata a folle velocità dall'assistente del gruppo. Indovinate chi veniva sempre colpito per primo. Mi sembrava di essere un birillo alla fiera dell'est); fare la doccia due sole volte al mese in tre minuti (tempo calcolato per non cedere alle possibili tentazioni della carne. Il record di era di un certo Umberto: 38 secondi e 2 decimi: un primato da formula uno. Come faceva…
Semplice… non si lavava, ed io che ero il suo vicino di banco vi posso assicurare che era proprio così); mangiare tutto quello che veniva servito a tavola… compresi i finocchi cotti (io ci provai e vomitai tutto nel piatto del vicino… Siccome la cosa non fu gradita… e non solo dal vicino di tavola… si incominciò a fare intelligenti eccezioni); eseguire canti polifonici a otto voci quando non si era più di 12 elementi. Io che non brillavo né da basso, né da tenore… anzi non brillavo proprio, tenevo la bocca chiusa. Una voce in meno nessuno l'avrebbe notata. Invece il maestro di musica fu di tutt'altro avviso. Mi scusai, dicendo che ero ventriloquo e riuscivo a elaboravo una voce quasi simile a quella di Farinelli il "castrato di Dio". Siccome a nessuno piaceva essere preso in giro… tanto meno a don Mitolo, il maestro di musica sacra, fui estromesso dal coro e mandato in biblioteca a foderare i libri.
Indovinate il primo libro che mi capitò tra mano? Un mini-manuale sui giochi di prestigio: "Ore serene" edito dalla Elle Di Ci. Non ebbi ripensamenti, nemmeno crisi di identità. Nella casa c'era un laboratorio di falegnameria e meccanica, così mi industriai a costruire i miei trucchi, che presentai nel teatrino dell'istituto davanti ai ragazzi dell'oratorio. Non fu un successo da star… ma nemmeno un disastro da "paperissima".
Intanto un anno era passato e il 15 agosto del 1964, feci i primi voti religiosi e divenni Salesiano a tutti gli effetti.
1964. Partenza per Foglizzo… la fabbrica dei chierici… Niente a che vedere con Montecarlo o con Acapulco. E poi dicono che i posti più belli della terra sono occupati da conventi… A Foglizzo, paese del Canavese, sommerso dalla nebbia per sei mesi l'anno e per il resto invaso da eserciti di zanzare non era quello che possiamo definire un "ridente" paesino; tuttavia si era contenti di stare li. Ovunque era presente lo spirito di don Bosco e l'allegria non mancava mai.
Passai tre anni stupendi della mia vita. In tutte le attività ero diventato un fenomeno… anche se da baraccone. Ai successi scolastici alternavo quelli nell'arte magica e naturalmente nella vita religiosa… Incominciava a delinearsi quella figura mista di uomo, di mago e di prete che creerà tanta meraviglia e un po' di disturbo attorno a me. Nel campo scolastico operai miracoli: feci tre anni in uno e mi diplomai, a pieni voti, maestro elementare della repubblica italiana.
Ogni domenica andavo ad animare i giovani nell'oratorio di San Benigno. E qui, insieme all'amico Carlo Montrucchio, fondai il mio primo circolo di magia, chiamato Circolo Magico don Bosco, in onore di questo grande santo che da piccolo faceva giochi di prestigio e da grande operava miracoli. Questa è la solita concorrenza sleale dei santi. Mago Sales, che santo non è, anche da grande, continua a fare solo giochi di magia.
1966. Vengo iscritto al circolo magico italiano, dove conosco i primi veri grandi artisti del trucco. Presidente onorario era il commendator Raniero Bustelli che si entusiasmò subito al mio entusiasmo. Anche se la sede del circolo era a Torino, a me non era ancora permesso uscire dal convento. Mi venne in aiuto mio padre, il quale, per amor mio, non certo della magia, assisteva alle lezioni di trucco per poi riferire al sottoscritto in seconda seduta. Mio padre mi aiutò pure nel mio primo spettacolo ufficiale a Novello, nel teatrino dell'Asilo parrocchiale, facendo da presentatore ed esordì dicendo: "Al vostro applauso, qui a Novello, il novello mago novellese: Mandrake". Mai l'eroe dei fumetti di Falk e Davis era caduto così in basso. Siccome non venni citato sui giornali o in televisione non ricevetti nessuna denuncia per cattivo plagio di nome d'arte, ma decisi di attribuirmi un nuovo nome che avrebbe caratterizzato il mio fare magia per i giovani. Siccome avevo conosciuto un Orionista: Augusto Greppi, bravissimo mago che veniva presentato come "mago Orione", essendo io Salesiano pensai che era logico essere il mago Sales.
In quegli anni alternavo allo studio del latino e della filosofia, la pratica dei giochi di prestigio a cui mi esercitavo in gran segreto, non tanto per non rivelare i trucchi, ma a motivo di una regola del seminario che non permetteva di praticare hobby personali. Trovai mille espedienti e divenni ben presto un "agente segreto" della magia. Nascondersi nei gabinetti del cortile o tenere le mani sotto il banco durante le noiose lezioni di apologetica o ancora rovistare sotto le coperte a letto, quando venivano spente le luci nella camerata, mi fece diventare esperto nelle più difficili manipolazioni, ma insospettì il consigliere (il religioso incaricato della disciplina e dell'animazione), il quale pensò a cose turpi e, complice il demonio, a cedimenti della carne. Così un sera, dopo che furono spente le luci della camerata, vedendo muoversi le coperte in direzioni della mie parti "innominabili", venne di soppiatto accanto al mio letto e con fare deciso, simile al gesto del torero che trafigge il tono nell'arena, scaraventò per aria coperte e lenzuola.
Naturalmente volò per aria un "serraglio" di attrezzi, quali palline colorate, carte da gioco, fiori di plastica, ecc. Conclusione della serata: divertimento gratuito per i componenti della camerata, "scornacchiamento" del Consigliere e… "ostracismo del sottoscritto dalla camerata verso il bagno del pianerottolo. Naturalmente, nella confusione dell'avvenimento, avevo avuto l'accortezza di portare con me alcuni attrezzi del mestiere, così quella notte feci straordinario e imparai il trucco del "tornichetto" e dell'impalmaggio rovesciato.
1967. Iniziai il tirocinio, in cui avrei dovuto esercitare, per tre anni, la pratica e le virtù apprese in seminario. Considerata la mia non più giovanissima età, mi venne "scontato" a due.
In quel periodo di "saldi" feci tantissime cose pratiche: da insegnante di matematica, geografia, applicazioni tecniche e scienze nelle medie e nel ginnasio degli istituti di Peveragno, vicino a Cuneo e di San Benigno Canadese, ad animatore di gruppi, a scrittore di testi teatrali tipo "Io, te e… i crisantemi", ad assistente di collegio.
La mia giornata era piena di attività e di creatività. La mia preghiera erano i giovani. Io volevo loro bene e loro volevano bene a me… e in questo scambio di cuori io mi trovavo libero e ricco. Unica pecca era la disciplina e l'ordine. Di queste due qualità umane non ne sono mai stato padrone. Un tempo davano preoccupazione a me e ai miei superiori… Ora, che mi sono accettato così come sono, danno problemi solo più ai superiori.
A proposito di superiori, dovete sapere che si dividono in due categorie: o santi o poco intelligenti, cioè ignoranti… e quelli che ho avuto io, tolte alcune eccezioni, non si poteva certo dire che fossero santi.
In quei due anni non feci molti esercizi di magia… anche perché un direttore che aveva un nome simile a una famosa marca di cioccolatini, me ne proibì l'esercizio, ma non provai enorme dispiacere. La mia vita con i giovani e con Dio era già magica così.
1969. Anno della contestazione europea. Inizio gli studi di teologia. Avevo chiesto di andare in un paese straniero per impararne la lingua: mi mandarono a Napoli, o meglio a Scanzano, allora feudo di Gava, Lauro e Don Martinelli… il mio superiore religioso. Furono quattro anni di intenso studio della religione. Mi buttai a capofitto sui libri. Ne riuscivo a leggere uno al giorno.. e ad ogni pagina di appassionata lettura aumentava in me l'amore per il Dio non dei filosofi o dei ragionieri del mondo, ma per il Dio, Padre della storia… Padre di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Gesù e Padre nostro… Padre mio.
Nonostante la distanza dai miei luoghi natii, un cordone ombelicale mi legava sempre ad essi ed era un legame molto "odoroso": ogni mese mi veniva spedito, per posta, dai miei genitori un barattolino di "bagna cauda" un intingolo piemontese a base di aglio e acciughe, talmente "poderoso" da obbligare il verme solitario di ogni assaggiatore a chiedere asilo politico altrove. Ogni anno, poi, in ottobre, un mio vecchio amico di Alba, mi spediva, sempre per posta, un tartufo bianco, che consumavo con pochi intimi, in quanto la concorrenza con la "pomarolla" sulla pasta era imbattibile.
Alla domenica andavo a prestare servizio pastorale in un oratorio di un rione molto popolare di Napoli: Rione amicizia e li imparai il gioco delle tre carte e dei bussolotti. Un fine settimana, fui scippato delle mie valige, ma mi vennero subito restituite con mille scuse, perché si era venuto a sapere che i giochi di magia in essa contenute servivano per far divertire i ragazzini, che in dialetto napoletano vengono chiamati "e creature".
Soprattutto al sud i bambini rappresentano e sono l'immagine vivente di Dio… la sua benedizione in terra… ed imparai una gran cosa: che chi aiuta o rallegra un bimbo, aiuta un pezzo di cielo a illuminare il mondo e la semplice filosofia di quelle terre mi farà da insegnamento per tutta la vita.
1973. In quell'anno avvennero tre grandi avvenimenti: fine della guerra in Vietnam, colpo di stato in Cile e a Novello, un piccolo paese delle langhe, il 2 settembre il mago Sales veniva consacrato sacerdote.
Sarò uno dei pochi maghi al mondo capace di fare…"scherzi da prete". Ricordo come era bello avere tanta gente attorno, che ti conosce, che ti vuole bene, che ti dice: "coraggio!". Poi la sera, come al finire di uno spettacolo, calò il sipario e fui solo… solo con Dio, solo con me stesso e con la mia preghiera…
Dammi la gioia del dono e la pazienza del ricominciare,
l'umiltà nelle cose fatte bene e l'attesa della gente,
… del bramino che canta,
… dell'ebreo che ride,
… dell'islamico che prega,
… del povero che soffre.
Dammi solo il respiro di un bimbo che gioca,
il sospiro di un anziano che sente amore,
l'entusiasmo di un giovane che ama.
Dammi una vita
che non segua la ragionevolezza del mercato,
del dare e dell'avere,
del profitto e delle perdite.
Non voglio essere un ragioniere del mondo,
un imprenditore di Dio, un praticante,
un missionario, un crociato, un tesserato…
Non c'è nulla di solido,
di fermo,
di controllabile con Te.
E non ci sono canestri per i meriti.
Dammi solo l'amore dei giovani.
Il sorriso dei bimbi,
le lacrime di mia madre
in quel giorno del mio sacerdozio.
Dammi il coraggio di un piccola tenerezza.
Dammi preghiere folli,
per ascoltare i tuoi lunghi silenzi.